Esattamente cinquant’anni fa all’indomani della storica abbuffata nello slalom gigante di Berchtesgaden (5 italiani ai primi 5 posti), venne coniata un’espressione, “La valanga azzurra”, che tutt’ora è il simbolo di un dominio rimasto unico nella storia dello sci alpino italiano.
Il racconto di questa gloriosa epopea è affidato a un autore e regista che in questa occasione rivela i suoi trascorsi di aspirante campione: Giovanni Veronesi.
“Sciare è come scrivere senza punteggiatura, senza virgole né punti, senza vincoli né cancelli; sciare è toccare la libertà assoluta e curva dopo curva, con le cosce che ti bruciano, essere felici. Io sono uno sciatore mancato, dicono i miei amici. Io invece dico “fallito”. Non ho fatto altro che sciare fino a 14 anni, gara dopo gara, per diventare un campione, e non ce l’ho fatta. Questa è la spinta che mi ha convinto a raccontare la storia della Valanga Azzurra. Quelli sono davvero i miei miti, sono quello che io avrei voluto essere nella vita, sono Me dentro. C’è la neve nei miei ricordi, c’è sempre la neve, e mi diventa bianco il cervello se non la smetto di ricordare.”
Gustav Thoeni, Piero Gros, Paolo De Chiesa, Fausto Radici, Stefano Anzi, Giuliano Besson, Tino Pietrogiovanna, Erwin Stricker, Rolando Thoeni, Helmuth Schmalzl, Franco Bieler, Herbert Plank, Marcello Varallo, insieme al mitico allenatore Mario Cotelli, diventano idoli di una generazione; lo sci, da sport di nicchia diviene un fenomeno di massa, che riversa sulle piste migliaia e migliaia di praticanti, incolla gli appassionati davanti al televisore e fa fiorire un’economia di indotto che contribuisce all’affermazione del Made in Italy nel mondo. Un ciclone sportivo, che la voce di Giovanni Veronesi fa rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti in un docufilm che ne ripercorre l’intera parabola, partendo dall’alba per arrivare fino all’inevitabile tramonto.
La valanga azzurra è la ricostruzione di una stagione entusiasmante che, come nel caso del tennis, fa riaffiorare il conflitto tra i caratteri dell’italianità: la riservatezza contro la guasconeria, l’istinto contro il sacrificio, la commedia contro la tragedia. Una tragedia, infatti, porrà fine a quella irripetibile avventura: il fatale incidente occorso al più giovane della squadra, Leonardo David, nel 1979, che lo terrà per lunghi anni in coma fino alla morte, sopravvenuta nel 1985.
Il docufilm la cui lavorazione è tuttora in corso è prodotto da Domenico Procacci, scritta da Giovanni Veronesi, Sandro Veronesi, Domenico Procacci, Lorenzo Fabiano e Luca Rea.
Dimitri Chechi firma la fotografia e Riccardo Giannetti il montaggio.
Una produzione Fandango con Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Documentari.